Tasse per l'acquisto di una casa: l'imposta di registro e le altre tipologie

 Tasse per l'acquisto di una casa: 
l'imposta di registro e le altre tipologie


Quando si compra un immobile, tra le spese vanno considerate anche le tasse per l’acquisto di casa. L’acquirente, infatti, deve versare un’imposta di registro del 2% (se si tratta di prima casa), anziché del 9%, sul valore catastale dell’immobile, mentre l'imposta ipotecaria e l'imposta catastale si versano ognuna nella misura fissa di 50 euro (nel caso dell’acquisto della “prima casa”). Scopriamo tutto quello che c’è da sapere anche in caso di acquisto da privato, da società o di una seconda casa.

Quante e quali tasse si pagano per l'acquisto di una casa?

Per avere un quadro corretto e per effettuare il calcolo delle spese per le tasse dal notaio in caso di acquisto di casa, bisogna fare particolare attenzione a non dimenticare nulla. Complessivamente, le tasse per l’acquisto di una casa sono le seguenti:

Imposta di registro;

Iva;

Imposta catastale;

Imposta ipotecaria;

Imposta di bollo.

Tuttavia, per stabilire con esattezza quali siano le tasse per l’acquisto di casa dovute, è necessario analizzare se si tratti di acquisto prima casa o acquisto seconda casa e se si acquista da privato o da una società.

Imposta di registro e Iva

Le tasse per l’acquisto di una casa prevedono il versamento di un’imposta di registro pari al 9% del valore catastale dell’immobile (a cui si aggiungono l’imposta catastale e l’imposta ipotecaria, entrambe prevedono il pagamento di 50 euro ognuna). Tuttavia, in alcuni casi, anziché l’imposta di registro, si dovrà pagare l’Iva se l’impresa che ha costruito l’immobile ha terminato i lavori da meno di 5 anni.


Non solo, sarà dovuto il pagamento dell’Iva per l’acquisto di casa anche se l’immobile classificato come alloggio sociale (10% calcolato sul prezzo finale della proprietà). Anche in questi casi è previsto il versamento delle imposte catastale, ipotecaria e di registro per un totale di 600 euro.


Un’ulteriore casista è quella per la quale l’immobile acquistato sia considerato di lusso, in quel caso le tasse per l’acquisto di casa saranno 22% per quanto riguarda l’Iva. Ed è previsto il pagamento della tassa ipotecaria di 90 euro e dell’imposta di bollo di 230 euro.

Tasse acquisto prima casa



Le tasse per l’acquisto di una prima casa prevedono delle spese diverse, grazie alle cosiddette agevolazioni prima casa. Per poterne beneficiare è necessario rispettare determinati requisiti:

l’immobile che si acquista appartiene a determinate categorie catastali 

(A/2, A/3, A/4, A/5, A/6, A/7, A/11);

l’immobile si trova nel Comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza o lavora;

l’acquirente non risulta a nessun titolo proprietario di altro immobile.

Tasse acquisto prima casa da privato

Le tasse per l’acquisto di una prima casa, se il venditore è un privato o un’impresa che vende in esenzione Iva, che vanno versate sono:

imposta di registro proporzionale nella misura del 2% (anziché del 9%);

imposta ipotecaria fissa di 50 euro;

imposta catastale fissa di 50 euro.

Tasse acquisto prima casa da società

Le tasse per l’acquisto di una prima casa, se il venditore è una società con vendita soggetta a Iva, che vanno versate sono:

Iva ridotta al 4%;

imposta di registro fissa di 200 euro;

imposta ipotecaria fissa di 200 euro;

imposta catastale fissa di 200 euro.

Tasse acquisto seconda casa


Superbonus 110, cosa cambierà con il governo Meloni?

Superbonus 110, cosa cambierà con il governo Meloni? 

Il superbonus 110 cambia ancora con il governo Meloni. Secondo le ultime notizie, nella legge di bilancio 2023 potrebbe trovare spazio una riduzione dell'aliquota di detrazione per i condomini, ma allo stesso tempo una proroga per le unifamiliari

Superbonus 110 Meloni ultime notizie
Superbonus nel 2023 cosa succederà?
Cosa entra nel superbonus 110?
Quando finisce il superbonus 110?

Superbonus 110 Meloni ultime notizie

Secondo le ultime notizie, il governo Meloni pensa di cambiare il superbonus 110. Ricordiamo che il 31 dicembre 2022 scatta la scadenza per la proroga del superbonus 110 per le villette unifamiliari. Mentre per i condomini è previsto un abbassamento dell'aliquota che scenderà al 70% dal 1º gennaio 2024 per poi arrivare al 65% nel 2025. 

Il superbonus 110 con il governo Meloni sarà "rivisitato" come annunciato dal neo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in visita a Norcia. "Lo merita soprattutto per gli effetti negativi che ha prodotto su questo territorio, distogliendo una parte dell'imprenditoria dall'essere attratta a questo tipo di lavoro".

Secondo le anticipazioni del Sole24Ore, nella prossima legge di bilancio scenderà la percentuale di detrazione del superbonus 110 dal 110 al 90% con conseguente modificazione della platea. La maggioranza inoltre vorrebbe prorogare il superbonus 110 anche per le unifamiliari, la cui scadenza è prevista per il 31 dicembre 2022 (per chi entro il 30 settembre ha completato il 30% dei lavori)

Superbonus nel 2023 cosa succederà?

La riforma del governo Meloni per il 2023 potrebbe portare l'aliquota della detrazione al 90%, anche per i condomini, e riaprire l'agevolazione anche per le villette e le case unifamiliari, con la stessa percentuale, ma con requisiti più stringenti. 

I proprietari di villette e case unifamiliari potranno usare il superbonus 110 solo in caso di lavori eseguiti sulla prima casa e con un limite di reddito per l'accesso. La soglia di reddito potrebbe essere calcolata sulla base del "quoziente familiare" che si calcolerà dividendo il reddito familiare per il numero dei componenti, corretti per una scala di equivalenza. 

Sulla necessità di abbassare l'aliquota della detrazione si è espressa anche Bankitalia che nello studio "Costs and benefits of the green transition envisaged in the Italian NRRP: An evaluation using the Social Cost of Carbon" ha sottolineato il costo elevato per le casse statali del superbonus 110 e ha addirittura proposto un'aliquota al 40%

Una questione spinosa riguarda il meccanismo della cessione dei crediti, soprattutto per quanto riguarda la responsabilità. Le ultime sentenze infatti hanno ricordato infatti che il sequestro dei crediti falsi è leggittimo anche se i concessionari non hanno partecipato alla frode.

Cosa entra nel superbonus 110?

Il superbonus è una detrazione del 110% delle spese sostenute a partire dal 1º luglio 2022 per la realizzazione di interventi finalizzati all'efficientamento energetico e alla riduzione del rischio sismico degli edifici (il cosiddetto supersismabonus).

Il superbonus spetta per gli interventi cosiddetti principali o trainanti quali:

  • interventi di isolamento termico sugli involucri
  • sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale sulle parti comuni
  • sostituzione di impianti di climatizzazione invernale sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti
  • interventi antisismici.

Ma anche per tutta una serie di interventi trainati:


  • interventi di efficientamento energetico
  • installazione di impianti solari fotovoltaici e sistemi di accumulo
  • infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici
  • interventi di eliminazione delle barriere architettoniche (16-bis, lettera e del Tuir).

Quando finisce il superbonus 110?

La data di scadenza per il superbonus 110 è il 31 dicembre 2022 per le unità immobiliare delle persone fisiche, al di fuori dell'attività di impresa sempre e quando alla data del 31 settembre 2022 sia stato raggiunto il 30% dei lavori.

Per i condomini, le persone fisiche proprietarie di edifici composti da due a quattro unità immobiliari accatastate di forma diversa e per le organizzazione non lucrative di utilità sociale o le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale sono previste le seguenti scadenze:


110% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023
70% per quelle sostenute nel 2024
65% per quelle sostenute nel 2025.

COMPRAVENDITA all' ASTA: Acquisto immobile all'asta con abusi edilizi, tutto quello che devi sapere !!

Acquisto immobile all'asta con abusi edilizi, tutto quello che devi sapere!!! 

Molti non sanno che a in tema di abusi edilizi c’è una notevole differenza tra l’acquisto in asta e l’acquisto sul libero mercato. Vediamo se in caso d'immobili con abusi edilizi è possibile la vendita all'asta, quali abusi sono sanabili e quando invece nascono dei problemi

Quali sono gli abusi edilizi non sanabili?
E’ obbligatorio sanare gli abusi edilizi ?
Quali sono gli abusi sanabili ?

Nel caso dell’asta Immobiliare il Tribunale, con decreto, trasferisce la proprietà dell’immobile all’aggiudicatario anche in presenza di abusi edilizi ovvero difformità (catastali, edilizie o urbanistiche), le quali saranno comunque segnalate e descritte puntualmente nella perizia (CTU) redatta dal perito nominato . E’ però importante sapere che l’immobile non sanabile può essere oggetto di vendita all’asta esclusivamente se la presenza degli abusi edilizi è segnalata nell’ordinanza o nell’avviso di vendita.

Infatti, in caso di mancata segnalazione di tali informazioni si sarebbe in presenza di una vendita per la quale non opera l’esclusione della garanzia per i vizi della cosa ex art. 2922, comma 2, c.c. In questo caso potranno essere applicate le regole proprie della nullità dell’atto e l’aggiudicatario potrà agire ai sensi dell’art. 1489 c.c. (cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi).

Nel caso del libero mercato invece non è possibile rogitare su immobili abusivi o che presentino degli abusi edilizi o non siano comunque correttamente accatastati per i più diversi motivi, anche con la buona fede del venditore. Le schede catastali infatti vengono allegate al rogito stesso e ne divengono parte integrante, il Notaio si accerterà della loro rispondenza alla realtà dei fatti chiedendo una specifica dichiarazione al venditore al riguardo. Quindi nel caso in cui l’immobile presenti difformità, grosse o piccole che siano, non sarà infatti possibile procedere con un rogito fino all’eventuale regolarizzazione dell’immobile stesso.

Quali sono gli abusi edilizi non sanabili?
Ma se gli abusi edilizi, sanabili o meno, potrebbero non essere un problema in sede d’asta, per ottenere il decreto di trasferimento dell’immobile, potrebbero essere invece un grosso problema in due casi:
Nel caso di acquisto in asta tramite Mutuo Ipotecario - In caso di Aggiudicazione in asta di un immobile infatti per richiedere il mutuo, oltre ai documenti convenzionalmente richiesti, occorrerà presentare anche la perizia del tribunale nella quale saranno indicati gli abusi edilizi e la loro tipologia. Nella maggior parte dei casi si tratta di difformità sanabili con il pagamento di una sanzione amministrativa (il cui importo cambia da Comune a Comune). In altri casi potrebbe essere necessario “il ripristino dei luoghi”, ovvero la demolizione degli interventi abusivi. La decisione circa la concessione del mutuo dipende sempre dalla valutazione effettuata dalla banca, che tiene conto del valore dell’immobile, della somma richiesta e dell’entità degli abusi. Generalmente la presenza di abusi (anche non sanabili) non è di per sé un impedimento alla concessione del mutuo ma la delibera rimane comunque ad appannaggio discrezionale degli istituti di Credito che hanno politiche di delibera molto differenti tra loro. Il rischio quindi di vedersi declinata la richiesta di finanziamento in caso di difformità è oggettivamente esistente.
Nel caso si intenda rivendere l’Immobile sul libero mercato - Preso atto del fatto che non sia possibile rogitare su immobili abusivi, che presentino degli abusi edilizi o non siano comunque correttamente accatastati, chi ha intenzione di rivendere ma ha acquistato casa all’asta con abusi può attivare una procedura di sanatoria, definita anche, erroneamente, “domanda di condono immobili all’asta", in base a quanto previsto dall’articolo 40, ultimo comma, della legge 47/85.
Nello specifico:
Entro 120 giorni dalla emissione del decreto di trasferimento l’aggiudicatario che si sia aggiudicato un immobile con abuso edilizio può depositare la domanda di concessione in sanatoria, in base alle norme dettate dal dl 23 aprile 1985, n. 16 che ha lasciato invariato tale termine.
In particolare, l’art. 40, comma 6, della legge n. 47/1985 prevede che, nel caso di immobile che sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda può essere presentata entro 120 giorni dall’atto di trasferimento dell’immobile.

Può sanare l’immobile nel caso in cui il credito che ha generato l’asta sia anteriore all’entrata in vigore della legge sul condono 47/85;

Ha la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria dev’essere valutata nella fase esecutiva del procedimento, successiva e autonoma rispetto all’ordine di demolizione (Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 agosto 2018 n. 5128).

E’ obbligatorio sanare gli abusi edilizi ?
A questo punto sorge spontanea una domanda: è obbligatorio sanare abusi edilizi di un immobile acquistato con asta giudiziaria?
In realtà dipende. Se l’abuso non risulta sanabile, l’aggiudicatario ha l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi e il costo necessario per effettuare tale attività viene decurtato dal prezzo di stima in sede di redazione della CTU. Se al contrario l’immobile si trova nelle condizioni necessarie per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria, l’aggiudicatario deve procedere alla presentazione della relativa domanda.

L’aggiudicatario è quindi obbligato a presentare la richiesta di sanatoria nei seguenti casi:
per gli immobili costruiti senza licenza edilizia;
per gli immobili costruiti in difformità della stessa;
in presenza di autorizzazione annullata, decaduta, divenuta inefficace, ovvero per la quale sia pendente un procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa in presenza di aree sottoposte a vincolo. In questo caso la concessione può essere rilasciata solo con l’autorizzazione delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.
Quali sono gli abusi sanabili ?
L’aggiudicatario deve presentare la richiesta di sanatoria nei seguenti casi di abusi sanabili: 
- per gli immobili costruiti in difformità della stessa, qualora vi sia conformità agli strumenti urbanistici;  
- qualora le ragioni del credito siano antecedenti all’entrata in vigore della ultima legge sul condono edilizio;
- qualora la demolizione della parte abusiva comprometta in maniera stabile e definitiva la staticità e/o l’agibilità della parte regolarmente assentita;
- per gli immobili costruiti senza licenza edilizia, qualora l’opera da sanare sia conforme agli strumenti urbanistici in vigore sia al tempo di commissione dell’abuso che al momento della presentazione della domanda;
- in presenza di autorizzazione annullata, decaduta, diventata inefficace, ovvero per la quale sia pendente un procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa in presenza di aree sottoposte a vincolo. In tal caso la concessione può essere rilasciata solo con il parere favorevole da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso.

In presenza di richieste di condono illo tempore inoltrate in conformità alle disposizioni vigenti, ma per le quali l’amministrazione non si sia mai espressa (pur essendo stata versata l’oblazione, in tal caso occorre far dichiarare il silenzio assenso), o per le quali non sia mai stata versata l’oblazione (in tal caso si deve versare l’oblazione, con interessi e sanzioni, e la domanda retroagisce alla data di presentazione, sempre che lo strumento urbanistico vigente lo consenta);

In definitiva, acquistare immobili all’asta con difformità è sempre possibile, la cosa importante è farlo sempre con consapevolezza.

EREDITA': Che cos’è L' Accettazione tacita

Accettazione tacita eredità: tutto quello che devi sapere






L’accettazione di tacita eredità è un tema da conoscere a fondo quando viene meno un parente, soprattutto quando questo oltre a lasciare dei beni mobili e immobili potrebbe lasciare anche dei debiti. In questo caso l’erede ha la possibilità di accettare o meno l’eredità, in base a svariati elementi tra cui la convenienza economica.

Che cos’è l’accettazione tacita di eredità?

L’accettazione tacita dell’eredità è una delle alternative che si possono presentare quando un soggetto si trova a diventare erede di un patrimonio. A questa persona si prospettano due alternative, secondo quanto previsto dal Diritto Successorio:

  • accettazione espressa: in questo caso l’erede dichiara esplicitamente l’interesse ad accettare il proprio ruolo, beneficiando dei beni mobili e immobili donati, attraverso una scrittura privata o pubblica ma comunque debitamente registrata.
  • accettazione tacita: in questo caso è sufficiente esprimere la propria volontà nell’asse successorio ereditario, senza che venga stipulato nessun documento privato né pubblico. È opportuno ricordare che in questa eventualità la persona deve avere il pieno diritto di esercitare tale ruolo.

Quando si parla di accettazione tacita eredità la casistica contempla anche una terza alternativa, ossia l’accettazione beneficio di inventario: si tratta di una forma di tutela nei confronti degli eredi nel caso in cui siano presenti debiti o altre pendenze tributarie o fiscali.

Inoltre, è opportuno ricordare che l’accettazione tacita eredità con più eredi non prevede che tutti procedano nella stessa maniera: alcuni di essi possono accettare, mentre alti rifiutare o attendere l’inventario.

La dichiarazione di successione e accettazione tacita

Quando quindi un soggetto decide di procedere con la tacita accettazione dell'eredità è possibile procedere con la dichiarazione di successione che può includere chiaramente più eredi e tutti i soggetti coinvolti attraverso il testamento olografo.

D’altra parte, è opportuno ricorda che la dichiarazione di successivo e il conseguente pagamento delle imposte non sono tuttavia un modo certo e univoco per esprimere l’accettazione dell’eredità in quanto questi documenti hanno una mera valenza fiscale e non hanno alcun valore dal punto di vista civilistico (si ricorda che l’accettazione tacita viene regolamentata tata dall’art 476 del Codice Civile).

La trascrizione dell'accettazione tacita di eredità

Affinché l’accettazione tacita di eredità sia valida è quindi necessario rivolgersi ad un notaio che può predisporre la documentazione ad hoc che prende il nome di trascrizione dell’accettazione tacita dell’eredità e può essere sottoscritto entro 20 anni dalla morte del defunto, sebbene sia preferibile procedere con tempestività. Secondo la Legge italiana, la trascrizione di accettazione tacita eredità senza notaio non è possibile e non ha validità. Analogamente, la trascrizione di tacita eredità dopo 20 anni è comunque obbligatoria.

Quanto costa l’accettazione tacita di eredità?

costi da sostenere per la dichiarazione dell’accettazione di tacita eredità possono variare dai 300€ ai 500€. Inoltre, bisogna aggiungere la parcella del notaio che si occupa della produzione della documentazione e della registrazione del documento. Il costo del notaio per l’accettazione tacita di eredità si aggira intorno ai 1.800€. Qualora si voglia procedere con un'accettazione ma con beneficio di inventario il costo può aumentare in modo significativo.

Accettazione tacita di eredità per vendita dell'immobile

Un risvolto interessante e frequente da considerare quando si parla di accettazione di tacita eredità riguarda la vendita di immobili. Accade spesso infatti che il defunto fosse in possesso di uno o più immobili che gli eredi non vogliono mantenere per svariate ragioni, tra cui la sostenibilità economica. Per quanto, infatti, si possa essere legati alla dimora dei genitori o del parente scomparso, nella maggior parte dei casi è difficile che gli eredi decidano di tenere l’immobile, a meno che non adibiscano ad affitto o a fissa dimora.

Pertanto, l’accettazione tacita dell’eredità per la vendita immobiliare diventa un aspetto da non trascurare: è necessario quindi predisporre la documentazione necessaria in modo tale che, secondo gli accordi di vendita, si possa procedere prima con l’atto di vendita e poi con l’incasso della somma conseguente.

È opportuno ricordare che non è possibile procedere con l’atto di vendita di un immobile se manca la trascrizione dell’accettazione tacita eredità: è quindi nell’interesse degli eredi seguire questo iter per poter godere dei vantaggi economici della vendita.

Come evitare l'accettazione tacita dell'eredità

Prima di tutto è opportuno ricordare che non è obbligatorio accettare l’eredità di un parente, ma è necessaria invece la trascrizione eseguita da un notaio.

Per evitare l’accettazione tacita dell’eredità è quindi necessario prima di tutto valutare i casi in cui possa essere conveniente o necessario farlo:

  • situazione debitoria: è possibile che il defunto avesse lasciato molti debiti da corrispondere, a tal punto da non poter essere sanati nemmeno con l’eredità.
  • situazione fiscale: nel caso in cui il defunto dovesse avere debiti verso l’erario in porzioni significative è importante considerare quanto sia importante accettare l’eredità,
  • situazione familiare: può essere vantaggioso escludersi dall’asse ereditario quando la composizione familiare è tale da rendere complessa la spartizione delle somme e degli immobili.

In questi casi, una prima soluzione è l’accettazione con il beneficio di inventario, attraverso la quale l’erede, sebbene accetti l’eredità, si riserva di poter fare un passo indietro nel caso in cui emergano delle situazioni fiscali e tributarie poco chiare.

Infine, è possibile anche decidere di rinunciare definitivamente all’eredità: in questo caso è obbligatorio redigere e sottoscrivere una dichiarazione scritta, depositata da un notaio o dal Cancelliere del Tribunale di riferimento.

LOCAZIONI :RINNOVO E DISDETTA NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE ABITATIVO

 IL RINNOVO E LA DISDETTA NEL CONTRATTO DI LOCAZIONE ABITATIVO



Alla prima scadenza del contratto di locazione abitativo, cioè dopo 4 anni, o dopo tre anni nel caso di canone convenzionato, 
il locatore può avvalersi della facoltà di diniego di rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con avviso di almeno sei mesi. Il diniego alla prima scadenza è però possibile solo per i seguenti motivi:

a) quando il locatore intenda destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o professionale proprio, del coniuge, dei genitori, dei figli o dei parenti entro il secondo grado;

b) quando il locatore, persona giuridica, società o ente pubblico o comunque con finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative, assistenziali, culturali o di culto intenda destinare l'immobile all'esercizio delle attività dirette a perseguire le predette finalità ed offra al conduttore altro immobile idoneo e di cui il locatore abbia la piena disponibilità;

c) quando il conduttore abbia la piena disponibilità di un alloggio libero ed idoneo nello stesso comune;

d) quando l'immobile sia compreso in un edificio gravemente danneggiato che debba essere ricostruito o del quale debba essere assicurata la stabilità e la permanenza del conduttore sia di ostacolo al compimento di indispensabili lavori;

e) quando l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione, ovvero si intenda operare la demolizione o la radicale trasformazione per realizzare nuove costruzioni, ovvero, trattandosi di immobile sito all'ultimo piano, il proprietario intenda eseguire sopraelevazioni a norma di legge e per eseguirle sia indispensabile per ragioni tecniche lo sgombero dell'immobile stesso;

f) quando, senza che si sia verificata alcuna legittima successione nel contratto, il conduttore non occupi continuativamente l'immobile senza giustificato motivo;

g) quando il locatore intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli articoli 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392.

La disdetta del contratto di locazione abitativo alla prima scadenza è quindi limitata solo a queste ipotesi. Inoltre, nella lettera di disdetta dovrà essere specificato, a pena di nullità, il motivo che giustifica la disdetta.

Nel caso il locatore abbia riacquistato la disponibilità dell'alloggio per un uso illeggittimo della facoltà di disdetta al primo rinnovo, il locatore è tenuto a corrispondere un risarcimento al conduttore, non inferiore a 36 mensilità dell'ultimo canone di locazione percepito.

Invece, nel caso il locatore abbia usufruito del diritto di disdetta al primo rinnovo, ma non abbia adibito l'immobile agli usi per i quali ha esercitato tale diritto (punti a-g), il conduttore ha diritto al ripristino dei rapporti di locazione o ad un equo risarcimento.

Diversamente, al conduttore è permesso recedere dal contratto in qualsiasi momento, purchè ricorrano gravi motivi e dia comunicazione al locatore con preavviso di almeno 6 mesi. Questo vuol dire che il conduttore può recedere dal contratto anche antecedentemente alla prima scadenza, con la sola motivazione di gravi motivi, che vengono definiti come fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti rispetto alla stipula del contratto di locazione, che rendono gravosa la prosecuzione del rapporto locativo (come ad esempio la crescita del nucleo familiare).

Al secondo rinnovo, ciascuna delle parti ha diritto di chiedere la prosecuzione del contratto a nuove condizioni o di rinunciarvi, comunicando la disdetta con lettera raccomandata da inviare almeno 6 mesi prima della scadenza. A sua volta, l'altra parte, deve rispondere entro 60 gg dalla data di ricezione, proponendo un accordo alle proprie condizioni. In mancanza di risposta, o se non si raggiunge un accordo tra le parti, il contratto di locazione abitativo scadrà al termine della durata prevista.


In mancanza di disdetta nei tempi previsti il contratto è rinnovato automaticamente, alle medesime condizioni perviste dall'originario accordo.

In questa sezione potete trovare gli articoli sul contratto di locazione abitativo, sul regime contrattuale della locazione abitativa, sul canone di locazione e sul rinnovo e disdetta della locazione.

CEDOLARE SECCA sugli affitti: cos’è e come funziona


Cedolare secca
sugli affitti: cos’è e come funziona



Nel mondo dei contratti di locazione, si sente spesso parlare di cedolare secca. Ma che cos’è la cedolare secca sugli affitti e come si applica ai contratti di locazione? Scopriamo di più in questo articolo.

Molti contratti di locazione offrono la possibilità di applicare la cosiddetta “cedolare secca”, ovvero un’agevolazione fiscale di cui possono beneficiare il locatore, ovvero la persona che mette a disposizione l’immobile, e il conduttore. Scopriamo cos’è la cedolare secca sugli affitti di casa e come funziona.

Cos’è la cedolare secca sugli affitti
La cedolare secca sugli affitti è un regime di tassazione facoltativo che è possibile scegliere se applicare alla locazione al momento di stipula del contratto tra locatore e conduttore. In particolare, si concretizza a seguito del pagamento di un’imposta che va a sostituire quella dell’IRPEF e quelle addizionali e di reddito.

Possono beneficiare della cedolare secca tutti coloro che possiedono redditi da locazione: i proprietari di un’abitazione oppure persone che godono di diritti reali di godimento su unità immobiliari. In particolare, l’agevolazione della cedolare secca si applica sui contratti di locazione ad uso abitativoper persone fisiche. Sono incluse anche le locazioni brevi, che hanno cioè una durata inferiore a 30 giorni. È possibile optare per la cedolare secca nel momento della stipula e registrazione del contratto di affitto, ma anche negli anni successivi per gli affitti pluriennali.


In caso di contratto d’affitto con cedolare secca, i vantaggi di cui l’inquilino e il locatore possono beneficiare sono numerosi. Nello specifico, infatti, la cedolare secca:

sostituisce il pagamento dell’imposta di bollo;
sostituisce il pagamento dell’imposta di registro del contratto di affitto;
ha una percentuale fissa che ignora la possibilità di fare cumulo con altri redditi.
Sempre in materia di cedolare secca sugli affitti, è importante sapere che questo regime non sostituisce l’imposta di registro necessaria per la cessione del contratto di locazione e che non permette di modificare il canone di affitto per l’intera durata del contratto di locazione.

Contratto di affitto con cedolare secca: come funziona
Una volta scelto il modello di contratto di locazione da compilare, sottoscrivere e registrare, è possibile decidere se applicare il regime fiscale della cedolare secca. Per registrare un contratto di affitto con cedolare secca è necessario che l’immobile non rientri nelle categorie catastali dall’A/1 all’A/11 (esclusa la A/10).

La scelta della cedolare secca deve essere esplicitata nel modello RLI dell’Agenzia delle Entrate, in fase di stipula del contratto di locazione. Nel caso in cui il contratto di affitto fosse già attivo, allora la condizione da rispettare sarà la comunicazione tempestiva all’inquilino del cambio di regime tramite il modello 69. In caso di contratto con cedolare secca per affitti brevi, non essendo obbligatoria la registrazione, è possibile aderire al regime indicando l’opzione cedolare secca nel 730.

Il regime della cedolare secca sugli affitti mantiene la sua validità per l’intera durata della locazione e può essere revocata entro massimo 30 giorni dalla scadenza, sostenendo il pagamento dell’imposta di registro. Il limite di 30 giorni prima della scadenza del contratto vale anche in caso di proroga del contratto, con conseguente conferma della cedolare secca.

Per un contratto con cedolare secca, quanto si paga? L’imposta sostitutiva viene calcolata applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo. Nel caso di canone concordato, invece, la tassazione è pari al 10% nei Comuni con bassa disponibilità abitativa e nei Comuni ad alta tensione abitativa.

Il pagamento dell’imposta può avvenire in una singola rata oppure in due rate. Quando si paga la cedolare secca? Nel caso si opti per la rata singola, prima del 30 novembre; se, invece, si opta per il pagamento dilazionato in due rate, prima del 30 giugno e prima del 30 novembre.

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Cosa comporta la cedolare secca per l’inquilino?
I vantaggi di un contratto di affitto con cedolare secca per l’inquilino sono il risparmio sulle spese delle imposte di bollo e di registro e l’invariabilità del prezzo del canone di locazione.

Perché non conviene la cedolare secca?
Il regime della cedolare secca risulta non conveniente nel caso in cui si verifichi un aumento dell’inflazione durante il periodo di validità del contratto e non si possiedano ulteriori redditi oltre a quelli derivanti dall’affitto di uno o più immobili.

Quali sono i vantaggi della cedolare secca?
I vantaggi della cedolare secca riguardano l’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo, delle spese di registrazione del contratto e l’immutabilità del prezzo del canone di affitto.

Quando si applica la cedolare secca sugli affitti?
La cedolare secca è applicabile sugli affitti di immobili ad uso abitativo per persone fisiche: proprietario e inquilino devono agire al di fuori dell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.

Il titolare può registrare presso l’Agenzia delle Entrate un contratto che sia già stato firmato in maniera digitale. Idealista offre ai proprietari e agli agenti immobiliari un servizio gratuito per la creazione di contratti di affitto con firma online.