Usucapione di beni immobili: i requisiti e come funziona per la casa

Usucapione di beni immobili: 

i requisiti e come funziona per la casa  


L'usucapione di beni immobili permette di ottenerne la proprietà dopo 20 anni di uso continuativo, rispettando alcuni requisiti.

Come funziona l’usucapione per beni immobili e, soprattutto, quali requisiti sono necessari per ottenere la proprietà di una casa? Si tratta di curiosità certamente diffuse, in particolare fra coloro che da anni vivono e gestiscono abitazioni, o altri fabbricati, altrui. Si può davvero diventarne gli effettivi proprietari?

L’usucapione è un istituto giuridico che permette a un soggetto di diventare proprietario di un bene - mobile o immobile - semplicemente possedendolo per un periodo di tempo stabilito per legge. Conosciuto anche come prescrizione acquisitiva, poiché l’individuo acquisisce nel tempo un diritto di proprietà, per gli immobili prevede una durata di 20 anni di uso continuativo e pubblico affinché possa essere rivendicato. Come facile intuire, si tratta di un istituto complesso, per questo è utile vagliare l’opinione del notaio sull’acquisto per usucapione.

Cos’è l’usucapione per beni immobili?

Come già spiegato in apertura, l’usucapione è un istituto giuridico che permette a un individuo di diventare proprietario di un bene - in questo caso, immobile - possedendolo per un periodo di tempo previsto per legge.


Usucapione, chiavi di casa: Pexels

Regolamentato dagli articoli 1158 e successivi del Codice Civile, l’usucapione di fatto permette di acquisire un titolo di proprietà su un immobile a scapito del proprietario originale, senza che fra le parti venga posta in essere una compravendita. In altre parole, poiché chi si avvale dell’usucapione si è occupato del bene in modo continuativo ed esteso, ne può diventare il legittimo proprietario.

Non è però tutto, poiché tramite questo istituto chi viene riconosciuto come proprietario del bene immobile, gode anche:

  • della mancata possibilità di opposizione da parte del proprietario iniziale;
  • della mancata possibilità di opposizione da parte di soggetti terzi.

Ma esiste ancora l’usucapione? Questa modalità non è molto diffusa, poiché i requisiti di legge per accedervi sono decisamente rigidi, tuttavia risulta sempre più frequente per gli immobili intestati a defunti, sia in presenza che in assenza di eredi.

Naturalmente, per poter approfittare di questa possibilità è necessario soddisfare i requisiti previsti dal Codice Civile, così come rispettarne le rispettive modalità e tempistiche.

Quando scatta il diritto di usucapione?

Ma quali sono i requisiti per l’usucapione di un immobile? Non è infatti sufficiente abitarci, ma è necessario dimostrare che:

  • il possesso sia continuo nel tempo, per i beni immobili non meno di 20 anni;
  • il possesso sia ininterrotto, ovvero non vi siano dei periodi in cui non si ha effettivamente avuto il possesso dell’immobile;
  • il possesso sia pacifico, cioè in assenza di abusi, violenze, minacce o qualsiasi altro mezzo che potrebbe aver inficiato la possibilità del primo proprietario di avvalersi del bene;
  • il possesso sia pubblico, ovvero non deve avvenire di nascosto dal primo proprietario e deve essere noto a quante più persone possibili.

Non è però tutto, perché affinché l’usucapione possa essere esercitato è anche indispensabile dimostrare che:

  • il soggetto richiedente voglia possedere l’immobile come se fosse il titolare;
  • si tratti di un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altri diritti reali, cioè non è possibile acquisire per usucapione diritti personali;
  • lo stato della gestione e dell’uso dell’immobile permette al soggetto che ne beneficia di apparire come il titolare del diritto di proprietà.

È inoltre utile specificare che, in alcuni casi, è possibile approfittare dell’usucapione veloce: ad esempio, come previsto dall’articolo 1159 del Codice Civile, la durata si riduce a 10 anni per coloro che acquistano un immobile in buona fede da un soggetto non proprietario. 

Beni immobili e usucapione: un esempio

Come appare evidente, la disciplina sull’usucapione è decisamente complicata. Per questa ragione, può essere utile far ricorso a un esempio.

Si ipotizzi che un individuo trovi un’abitazione abbandonata e fatiscente. Incuriosito dalla costruzione, decide di stabilirvisi e di eseguire dei lavori di ristrutturazione sulla stessa, senza nascondere la propria attività a terzi. 

Ad esempio, il soggetto rende pubblicamente noto di aver preso dimora presso l’abitazione abbandonata o, ancora, vi invita altre persone per trascorrere del tempo insieme.

Ancora, l’individuo in questione si occupa anche della gestione dei rapporti con i vicini confinanti e, nonostante il proprietario iniziale sia a conoscenza della situazione, non interviene per ristabilire i suoi diritti di proprietà. Trascorsi 20 anni, il soggetto potrà avanzare la richiesta di usucapione.

Come appare evidente, il soggetto che ha deciso di stabilirsi nell’edificio fatiscente può dimostrare di avere esercitato un possesso continuo e ininterrotto, goduto non solo pacificamente - come dimostra il mancato intervento del proprietario a conoscenza dei fatti - ma anche in modo pubblico e manifesto.

Come si richiede l’usucapione

Analizzati i contesti di legge, come si richiede l’usucapione? In caso tutti i requisiti vengano soddisfatti, non esiste una procedura automatica per richiedere di acquisire la titolarità dell’immobile. È infatti necessario avviare una causa in Tribunale verso il proprietario iniziale del bene, con l’obbligo di dimostrare di avere tutti i requisiti necessari per poter usufruire dell’usucapione stesso.

Non è però tutto, perché il Decreto Legislativo 28 del 2010 ha introdotto la mediazione obbligatoria per l’usucapione: di conseguenza le parti, prima di finire in tribunale, dovranno tentare la carta di una conciliazione. Perciò:

  • se le parti trovano un accordo, verrà redatto un verbale a testimonianza degli impegni pattuiti;
  • se le parti non trovano un accordo, il mediatore presenta un verbale di mediazione negativa e, successivamente, viene avviata la causa in tribunale.

Come dimostrare l’usucapione di un immobile

Naturalmente, chi richiede l’usucapione di un bene immobile deve dimostrare di averne i requisiti. A questo scopo, l’orientamento più recente della giurisprudenza è considerare qualsiasi elemento di prova come valido. Ad esempio:

  • ci si può avvalere di testimoni, pronti a confermare che per 20 anni si è gestito il possesso del bene in modo continuativo, pacifico e pubblico;
  • si possono portare a suffragio della causa elementi che confermano il possesso esclusivo dell’immobile, come la sostituzione delle serrature, le ricevute dei lavori di ristrutturazione effettuati, l’implementazione di recinzioni o mura divisorie sul fondo che ospita l’immobile e molto altro ancora.

Usucapione, martello del giudice

Pexels

Data la complessità della fase di accertamento, è sempre utile affidarsi a professionisti esperti, quali avvocati specializzati in cause immobiliari. Ma, nei fatti, quando un’immobile diventa di proprietà per usucapione? Solo al termine della causa in tribunale, in caso il giudice decida di trasferire la suddetta proprietà dal titolare originario al richiedente.

Quando non è possibile l’usucapione sui beni immobili

Infine, è utile anche verificare i limiti dell’usucapione, ad esempio su quali tipologie di immobili o di relazioni questa possibilità non sia ammessa dalla legge. In linea generale, non è possibile procedere alla richiesta per:

  • immobili sui quali vi sono diritti personali di godimento, come il diritto d’uso o di abitazione;
  • beni immobili indisponibili dello Stato o degli Enti Pubblici, come ad esempio gli uffici scolastici o le caserme;
  • beni immobili di enti religiosi o ecclesiastici;
  • beni immobili appartenenti al demanio pubblico;
  • immobili confiscati dallo Stato all’interno di procedimenti penali;
  • immobili di interesse storico, artistico o archeologico.


Inoltre, una sentenza del Tribunale di Tivoli - la 326 del 2017 - nega la possibilità di richiedere l’usucapione di beni immobili tra parenti. Data questa considerazione, è lecito chiedersi: la successione blocca l’usucapione? No, l’avvio di una procedura di successione verso gli eredi non ferma la procedura di usucapione avviata da terzi, poiché non si tratta di una fattispecie prevista dal Codice Civile, nell’articolo 1165 e successivi.

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Estinzione parziale del mutuo ..... news

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 Estinzione parziale del mutuo: 

come funziona e quando richiederla


Con l'estinzione parziale del mutuo, si può ottenere una riduzione nella durata del finanziamento o dell'importo delle rate.
Come funziona l’estinzione parziale del mutuo e, ancora, quando è possibile richiederla? È una delle domande che molti mutuatari si pongono, nel ritrovarsi con una somma di denaro extra da investire. Tramite l’estinzione parziale del mutuo, è possibile effettuare un versamento aggiuntivo alla banca che ha concesso il finanziamento, allo scopo di ridurne la durata o l’importo delle rate.

Ammessa dal Testo Unico Bancario, permette di liberarsi con largo anticipo di una parte del debito contratto per la casa. Tuttavia, gli istituti di credito potrebbero imporre vincoli e limitazioni sul pagamento anzitempo, perciò è utile vagliare eventuali clausole prima della sottoscrizione dello stesso mutuo. A questo scopo, può essere quindi utile avvalersi di strumenti online per trovare il miglior mutuo per le proprie esigenze.

Cos’è l’estinzione parziale del mutuo
Regolata dall’articolo 40 del Testo Unico Bancario, l’estinzione parziale del mutuo prevede la possibilità di versare alla banca una somma di denaro extra, allo scopo di scalarla dal debito residuo del finanziamento. A seconda delle volontà del cliente, e degli accordi sottoscritti con l’istituto di credito, simili versamenti permetto alternativamente di:

  • ridurre la durata del mutuo, proporzionalmente alla somma versata;
  • ridurre l’importo delle singole rate del mutuo, indipendentemente i pagamenti siano mensili, trimestrali, semestrali o annuali.
Come facile intuire, si tratta di uno strumento assai diverso dall’estinzione totale del mutuo, che corrisponde alla chiusura anticipata dello stesso finanziamento. Ancora, l’estinzione parziale non può essere negata dalla propria banca di riferimento, appunto perché prevista dal TUB. Tuttavia, alcuni istituti di credito potrebbero imporre limiti e vincoli:

vi possono essere clausole che vietano l’estinzione parziale nei primi mesi dall’accensione del mutuo;
alcune banche possono richiedere un importo minimo per poter approfittare di questa possibilità.

Estinzione parziale del mutuo
Come facile intuire, affinché l’estinzione parziale sia davvero conveniente ed efficace, è necessario conoscere in modo dettagliato il proprio piano di ammortamento. Per questo può essere utile avvalersi di un simulatore della rata del mutuo, per agevolare tutte le considerazioni del parziale versamento sia in termini di tempo risparmiato che di alleggerimento delle rate.  

Quando è possibile l’estinzione parziale di un mutuo
Ma quando è possibile approfittare dell’estinzione parziale di un mutuo? In linea generale, il mutuatario può avvalersi di versamenti anticipati per il mutuo in qualsiasi momento, fatta eccezione per eventuali vincoli imposti dalle banche. Come già accennato nei precedenti paragrafi, l’istituto di credito potrebbe:

imporre un versamento minimo per ogni singolo rimborso anticipato. Al momento, la maggior parte delle banche italiane non accetta versamenti inferiori ai 1.000 euro;
non accettare le richieste di estinzione anticipata nei primi mesi di accensione del mutuo.
Ma quante estinzioni parziali del mutuo si possono fare? Così come previsto dal TUB, non vi sono particolari paletti sul numero di versamenti anticipati nel tempo, tanto che il mutuatario può approfittarne ogni volta che lo ritiene necessario. Tuttavia, dei pagamenti troppo ravvicinati e numerosi nel tempo potrebbero non essere così vantaggiosi come si potrebbe pensare, perché il ricalcolo della porzione residua del finanziamento viene effettuato ai tassi d’interesse nel momento della richiesta di estinzione.

Quanto costa estinguere parzialmente un mutuo
È più che fisiologico domandarsi se la richiesta di estinguere parzialmente un mutuo abbia dei costi, ad esempio relativi alle operazioni di ricalcolo che la banca deve effettuare. Su questo fronte, ci si può trovare dinanzi a due casistiche ben distinte:

per effetto della Legge Bersani, ovvero la Legge 40/2007, per tutti i finanziamenti avviati dopo il mese di febbraio 2007, non è necessario farsi carico di alcun costo;
per i mutui accesi prima del febbraio 2007, la banca potrebbe richiedere il pagamento di alcune penali, di entità differente a seconda di tratti di mutui a tasso fisso o variabile. 
Per i mutui antecedenti al 2007, in media gli istituti di credito richiedono l’1,90% se l’estinzione avviene nella prima metà del finanziamento, l’1,50% se la richiesta avviene tra la metà e il quart’ultimo anno di mutuo e lo 0,20% durante il terz’ultimo anno. Naturalmente, è sempre utile chiedere informazioni alla propria banca in merito all’entità delle penali da corrispondere.

Come si calcola l’estinzione parziale del mutuo
Ma come viene calcolata l’estinzione parziale del mutuo? Innanzitutto, è utile sapere che la maggior parte dei mutui concessi in Italia si basano su un piano di ammortamento alla francese che, semplificando, prevedono che vengano pagati prima gli interessi e successivamente rimborsato il capitale. Questo può quindi influenzare il calcolo dell’estinzione, sia in termini che di durata, in base al momento in cui si effettua la richiesta, se all’inizio o verso la fine del finanziamento.

Inoltre, è necessario sapere che l’estinzione parziale del mutuo comporta un ricalcolo delle rate o della durata sulla porzione residua, aggiornata ai tassi d’interesse al momento della richiesta.

Ma quale formula di calcolo dell’estinzione anticipata del mutuo viene applicata? In genere, per i rimborsi anticipati che influiscono sull’importo delle rate, si usa la seguente formula:

NR = (VR/CR)x(CR-DS)

In questo caso, “NR” indica la nuova rata, “VR” la rata precedente, “CR” il capitale residuo da rimborsare e “DS” il debito anticipatamente saldato. Se, invece, l’estinzione parziale comporta una modifica della durata del mutuo, si utilizzano delle complesse formule logaritmiche.

Simulazione di estinzione parziale del mutuo a tasso fisso
Allo scopo di facilitare la comprensione, si può far ricorso a delle simulazioni di estinzioni parziale del mutuo a tasso fisso, seppur generiche. Si ipotizzi di aver sottoscritto il seguente mutuo:

Importo originario: 100.000 euro;
Durata iniziale: 30 anni;
Tasso fisso: 3%
Capitale residuo iniziale: 40.000 euro;
Importo di estinzione parziale: 5.000 euro;
Capitale residuo dopo l’estinzione parziale: 35.000 euro.
Se l’estinzione parziale riduce l’importo delle rate, si ottiene una riduzione di poco più di 53 euro al mese, passando da una rata iniziale di circa 421 euro al mese a una di circa 368. Se, invece, il rimborso anticipato influisce sulla durata del mutuo, mantenendo la rata costante a circa 421 euro, si ottiene una riduzione totale di circa 38 mesi.

Simulazione di estinzione parziale del mutuo a tasso variabile
Discorso analogo per le simulazioni generiche di mutuo a tasso variabile, con piano di ammortamento alla francese. Ipotizzando di aver sottoscritto un mutuo dalle seguenti caratteristiche:

Importo originario: 100.000 euro;
Durata iniziale: 30 anni;
Tasso variabile: 5%
Capitale residuo iniziale: 40.000 euro;
Importo di estinzione parziale: 5.000 euro;
Capitale residuo dopo l’estinzione parziale: 35.000 euro.
Se l’estinzione parziale influisce sull’importo delle rate, si ottiene una riduzione di circa 67 euro, passando da una rata di circa 536 euro a una di circa 469. Se, invece, il rimborso anticipato si riflette sulla durata del mutuo, corrispondendo sempre una rata da 536 euro, si ottiene una riduzione di circa 75 mesi.

Quando conviene l’estinzione parziale del mutuo
Ma quando è davvero conveniente l’estinzione parziale del mutuo? Per i piani di ammortamento alla francese - come già visto, pensati per pagare prima gli interessi e poi il capitale - il rimborso anticipato:

è conveniente nei periodi iniziali del mutuo, quando gli interessi già calcolati non sono stati ancora completamente pagati;
è meno conveniente verso la fine del mutuo, perché non si ottiene un grande risparmio.
Come si richiede un’estinzione parziale del finanziamento
Ma come si accede all’estinzione parziale del finanziamento? In linea generale, è sufficiente rivolgersi alla propria banca, che fornirà gli opportuni moduli da compilare e provvederà al ricalcolo delle rate o della durata del mutuo stesso.

La procedura è leggermente diversa se l’estinzione anticipata porta alla chiusura del mutuo, in questo caso si dovrà procedere:

per i mutui posteriori al 2007, si deve inoltrare raccomandata con ricevuta di ritorno alla banca - oppure una PEC - esprimendo la volontà di estinzione e la richiesta di calcolo della somma da versare;
per i mutui antecedenti al 2007, si dovrà allegare anche la Dichiarazione Sostitutiva di Atto di Notorietà, per il calcolo delle penali.
In genere, gli istituti di credito provvedono entro 30 giorni dalla richiesta.
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Tassi Bce invariati, cosa succede alle rate dei mutui casa?

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Tassi Bce invariati, 

cosa succede alle rate dei mutui casa?

Risparmio fino a 372 euro annui 

per i mutui a tasso variabile da inizio anno. 

Praticamente i

nvariati i mutui a tasso fisso

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Bonus infissi 2024, le ultime notizie per capire come funziona

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 Bonus infissi 2024

Le ultime notizie per capire come funziona


19 Gennaio 2024

La sostituzione delle rifiniture di porte e finestre è un intervento in grado di aumentare l’isolamento termico e acustico e quindi anche il grado di efficienza energetica di un immobile. Per questo sono stati attivate diverse agevolazioni al riguardo. In molti si chiedono se il bonus infissi 2024 cambierà rispetto all’anno precedente. La risposta è sì, visto che sono cambiati alcuni parametri tra i bonus (barriere architettoniche, ecobonus, bonus casa, bonus sicurezza) che potevano essere sfruttati per la sostituzione di infissi. Scopriamo come funziona con tutte le ultime notizie.

Come funziona bonus infissi 2024?

Innanzitutto, è bene chiarire che possono fruire del bonus infissi 2024 (fino al 31 dicembre 2024), oltre che i proprietari degli immobili, i locatari, i comodatari, i familiari conviventi e tutti coloro che hanno la casa in uso o usufrutto. L’importante è che l’immobile risulti accatastato o in fase di accatastamento (deve anche essere in regola con il pagamento delle tasse).


A partire dal 1°gennaio 2024, però, non si può più utilizzare il bonus barriere architettoniche al 75%, come accadeva nel 2022 e 2023, anche per la sostituzione degli infissi in casa. Di fatto, la nuova versione del bonus barriere architettoniche, può essere applicata solo per la realizzazione di interventi che riguardano scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici e limitatamente a edifici già esistenti. L'agevolazione al 75%, di fatto, consiste nell'eliminazione di ostacoli verticali.

Tuttavia, per la sostituzione degli infissi si può ricorrere ad altre agevolazioni previste dalla legge, quali:

Ecobonus: Concessione di detrazioni fiscali per interventi di risparmio energetico, come la sostituzione di infissi e serramenti, con una detrazione del 50% fino al 2024.

Bonus casa: Riguarda interventi di ristrutturazione edilizia in generale, con un’agevolazione fiscale del 50% fino a un massimo di 96.000 euro di spesa, valida fino al 2024.

Bonus sicurezza: Con una detrazione del 50% su una spesa massima di 96.000 euro, distribuita in 10 anni, questo incentivo offre la possibilità di installare sistemi antifurto, allarmi e persiane di sicurezza.

Quando gli infissi sono detraibili al 75%?

Come già detto, nel 2024 decade la possibilità di fruire del bonus barriere architettoniche al 75% per la sostituzione di infissi. Tuttavia, alcuni contribuenti potrebbero comunque beneficiarne. A causa dei ritardi nei tempi di realizzazione, infatti, alcuni cittadini hanno firmato un contratto firmato che prevede ancora lo sconto in fattura o la cessione del credito con una percentuale di detrazione del 75% per la sostituzione di infissi nel 2023, lavori che, però, non sono ancora terminati.

Chi entro il 29 dicembre 2023 (data in cui è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto del Governo che contiene le modifiche al bonus barriere architettoniche che quindi è entrato in vigore il giorno successivo) ha già iniziato i lavori; già stipulato un accordo vincolante con il fornitore degli infissi e abbia versato un acconto sul totale del dovuto; presentato la richiesta del titolo abilitativo all’intervento, anche se per la semplice sostituzione degli infissi non è necessario; può disporre della detrazione al 75% e dello sconto in fattura.

Quando scade il bonus per la sostituzione degli infissi?

Come accade per molti incentivi per i lavori di efficientamento della casa, i termini per usufruire del bonus infissi 2024, nella formula attuale, scade il 31 dicembre 2024. Per beneficiarne è necessario che non si tratti di nuova installazione, ma di sostituzione di infissi già esistenti e che i valori di trasmittanza termica finali devono essere inferiori o uguali a 1,75 per la zona climatica C.

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Legge di Bilancio 2024 - Misure di interesse -- Misure favorevoli

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 Legge di Bilancio 2024 - 
Misure di interesse 
Misure favorevoli 
























1. RIFINANZIAMENTO E PROROGA PER L’INTEO 2024 DEL FONDO DI GARANZIA DELLO 
STATO (CONSAP) A FAVORE DEI MUTUI PRIMA CASA  

2. RIORDINO NORMATIVO CHE CHIARISCE L’OBBLIGO ANCHE DEI PORTALI IMMOBILIARI 
DI INTEMEDIAZIONE IMMOBILIARE DI VERSARE LA RITENUTA D’ACCONTO NELLE LOCAZIONI BREVI 

3. CONFERMATI PER IL 2024 GLI INCENTIVI FISCALI EDILIZI 

4. INTRODOTTA LA FACOLTA’ DI COMPENSARE I CREDITI FISCALI TRAMITE INPS E INAIL 
5. ISTITUITO UN FONDO PER IL DISAGIO ABITATIVO 

6. CONFERMATE LE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RIVALUTAZIONE DEI VALORI DI 
ACQUISTO DEI TERRENI EDIFICABILI 

7. “SBLOCCA CANTIERI”: RESA STRUTTURALE LA POSSIBILITA’ DI AVVIARE LE PROCEDURE 
DI AFFIDAMENTO DELLA PROGETTAZIONE DI OPERE PUBBLICHE ANCHE IN CASO DI 
DISPONIBILITA’ DI FINANZIAMENTI LIMITATI ALLE SOLE ATTIVITA’ DI PROGETTAZIONE 
8. RIDUZIONE DELL’IVA AL 10% NELLA CESSIONE DEL PELLET ANCHE PER I MESI DI 
GENNAIO E FEBBRAIO 2024 

9. ESENZIONE DELL’IMU PER IMMOBILI IN CUI VENGONO SVOLTE, IN MODALITA’ NON 
COMMERCIALE, ATTIVITA’ ASSISTENZIALI, PREVIDENZIALI, SANITARIE, DI RICERCA 
SCIENTIFICA, DIDATTICHE, RICETTIVE, CULTURALI, RICREATIVE E SPORTIVE O ATTIVITA’ 
DI RELIGIONE O DI CULTO, SVOLTE DA ENTI PUBBLICI E PRIVATI DIVERSI DA SOCIETA’  

10. EROGAZIONE DI CONTRIBUTI PER LA RICOSTRUZIONE PRIVATA NEI TERRITORI COLPITI 
DAGLI EVENTI ALLUVIONALI SOTTO FORMA DI CREDITO DI IMPOSTA IN 
COMPENSAZIONE 

Misure non favorevoli 


1. AUMENTO DELLA CEDOLARE SECCA DAL 21% AL 26% PER LE LOCAZIONI BREVI SEPPUR 
DALLA SECONDA CASA AFFITTATA  

2. INTRODUZIONE DELLA PLUSVALENZA IN CASO DI VENDITA, ENTRO 10 ANNI DALLA FINE 
DEI LAVORI, DI IMMOBILI RISTRUTTURALI CON IL SUPERBONUS  

3. AUMENTO DELL’IVIE DALL’0,76 ALL’1,06 PER CENTO PER GLI IMMOBILI SITUATI 
ALL’ESTERO 

4. AUMENTO DAL 1° MARZO 2024 DELLA RITENUTA DALL’8 ALL’11 PER CENTO APPLICATA 
AI BONIFICI “PARLANTI” OVVERO QUELLI EFFETTUATI PER LE SPESE RELATIVE AD 
INTERVENTI AGEVOLATI SUL PATRIMONOI IMMOBILIARE 

5. FINE DELLA DETRAZIONE DEL 50% DELL’IVA DOVUTA SULL’ACQUISTO DA IMPRESE 
COSTRUTTRICI DI IMMOBILI RESIDENZIALI DI CLASSE ENERGETICA A O B 

6. BONUS GIOVANI UNDER 36: ABOLITA, IN SEDE DI ACQUISTO DELLA PRIMA CASA, 
L’ESENZIONE, A FAVORE DEL GIOVANE ACQUIRENTE, DELLE IMPOSTE DI REGISTRO, 
IPOTECARIE, CATASTALI OLTRE DELL’IMPOSTA SOSTITUTIVA PER I MUTUI PRIMA CASA AL 
CREDITO DI IMPOSTA IVA  

7. IMU: VIENE CONCESSO A 211 COMUNI DI COMUNICARE, ENTRO MASSIMO IL 15 GENNAIO, 
L’EVENTUALE AUMENTO DELL’IMU PREVEDENDO L’EVENTUALE TERZA RATA DA PAGARE 
ENTRO IL 29 FEBBRAIO 

8. IL SUPERBONUS NEL 2024 SCENDE AL 70 PER CENTO E NON SARA’ PIU’ DISPONIBILE PER 
LE VILLETTE MA SOLO PER CONDOMINI O ANCHE PER GLI EDIFICI DA 2 A 4 UNITA’ 
ABITATIVE AVENTI UN UNICO PROPRIETARIO 

9. INTRODOTTI CONTROLLI ULTERIORI DA PARTE DELL’AGENZIA DELL’ENTRATE SULLA 
VARIAZIONE DELLO STATO DELLE UNITA’ IMMOBILIARI A SEGUITO DI INTERVENTI 
AGEVOLATI DAL SUPERBONUS E BONUS EDILIZI ANCHE AI FINI DI EVENTUALI EFFETTI 
SULLE RENDITE CATASTALI 

10. È ISTITUITO L’OBBLIGO, PER LE IMPRESE CON SEDE LEGALE O STABILE ORGANIZZAZIONE 
IN ITALIA, DI STIPULARE, ENTRO IL 31-12-24, CONTRATTI ASSICURATIVI A COPERTURA DEI 
DANNI A TERRENI E FABBRICATI (E ALTRO) CAUSATI DA SISMI, ALLUVIONI, FRANE, 
INONDAZIONI ED ESONDAZIONI

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Calcolare l’Imu per Fabbricati “D”

Calcolare l’Imu   per Fabbricati “D” 

Adibiti, ad esempio, ad attività produttive, commerciali o agricole



- PUBBLICATO  DA AGENZIA ENTRATE

Sono gli immobili “a destinazione speciale” adibiti, ad esempio, ad attività produttive, commerciali o agricole, rientrano nella categoria anche le banche, gli ospedali, i teatri e i cinema con fini di lucro

immagine generica illustrativa

Il saldo Imu 2023 è in dirittura d’arrivo. L’appuntamento è per il 18 dicembre, infatti, il 16 dicembre, scadenza ordinaria, è sabato. In prossimità di tale termine, vale la pena soffermarsi sulle specifiche modalità di determinazione della base imponibile dei fabbricati di classe “D” non ancora iscritti in Catasto, privi di rendita catastale e, quindi, del riferimento “principe” per calcolare l’imposta dovuta.

Stiamo parlando di edifici e strutture definite “a destinazione speciale”:

D/1 - Opifici

D/2 - Alberghi e pensioni

D/3 - Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli e simili

D/4 - Case di cura ed ospedali (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento)

D/5 - Istituti di credito, cambio ed assicurazione (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento)

D/6 - Fabbricati e locali per esercizi sportivi (quando per le loro caratteristiche non sono comparabili con le unità tipo di riferimento)

D/7 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni

D/8 - Fabbricati costruiti o adattati per speciali esigenze di una attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni

D/9 - Edifici galleggianti o sospesi, assicurati a punti fissi al suolo: ponti privati soggetti a pedaggio

D/10 - Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole.

La regola generale vuole che per i nuovi fabbricati o gli ampliamenti dei vecchi, in attesa dell’iscrizione al Catasto e dell’attribuzione della rendita catastale, la base imponibile Imu vada calcolata moltiplicando la rendita catastale proposta dal contribuente o come rettificata dall’Agenzia delle entrate, per gli appositi coefficienti.

Coefficienti Imu 2023 

per i fabbricati commerciali “D”





Per i beni “a destinazione speciale” la legge di bilancio 2020 - articolo 1, comma 746 – ha riservato una procedura ad hoc.

Nel dettaglio, la norma prevede che per i fabbricati posseduti dalle imprese, classificabili nel gruppo catastale D, non ancora accatastati, fino al momento della richiesta dell'attribuzione della rendita, il valore sia determinato facendo riferimento ai costi storici di acquisto o di costruzione, risultanti dalle scritture contabili dalla data di inizio di ogni anno solare. In caso di locazione finanziaria, il valore è determinato in relazione ai dati delle scritture contabili del locatore, che è obbligato a fornire tempestivamente al locatario tutte le informazioni necessarie per effettuare il calcolo.


I valori storici devono poi essere attualizzati tramite dei coefficienti approvati da un decreto ministeriale, che tiene conto dei valori Istat sull’andamento dei costi di costruzione di un capannone.

Il Mef ha approvato i coefficienti applicabili quest’anno con il decreto dello scorso 13 febbraio (vedi articolo “Approvati i coefficienti Imu 2023 per i fabbricati commerciali D”).

AGENZIA ENTRATE: NEWS :Mercato immobiliare italiano, le ricerche e le analisi contenute nei Quaderni dell’Osservatorio 2023

 AGENZIA ENTRATE: NEWS

Mercato immobiliare italiano, le ricerche e le analisi contenute nei Quaderni dell’Osservatorio 2023





L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato l’edizione 2023 dei “Quaderni dell’Osservatorio. Appunti di economia immobiliare”. Si tratta della pubblicazione della Direzione centrale Servizi estimativi e Osservatorio del Mercato Immobiliare (Dc Seomi) che contiene le ricerche e le analisi sul mercato immobiliare italiano. Il report presenta sia contributi di rappresentanti dell’Agenzia sia di studiosi ed esperti esterni all’Amministrazione. 

Prima parte Quaderni dell’Osservatorio 2023: immobili, mercato, rendimento
La prima parte dei Quaderni dell’Osservatorio 2023 è dedicata a ricerche e analisi interne alla Direzione Centrale Servizi estimativi e Osservatorio del mercato immobiliare (Dc Seomi). In questo numero, in particolare, sono presentati tre paper che esplorano le banche dati utilizzabili dalla Direzione con lo scopo di indagare alcuni specifici aspetti del mercato immobiliare, in particolare residenziale.

Il primo contributo di Ghiraldo-Marignoli analizza le caratteristiche di acquirenti e venditori sul mercato immobiliare, aggiornando, ma su una base dati del tutto rinnovata, le analisi già svolte (l’ultima più di dieci anni fa) dall’Osservatorio del mercato immobiliare.

Un secondo saggio di Festa-Barbaccia è dedicato all’analisi degli utilizzi che i proprietari dichiarano circa il loro patrimonio immobiliare. La novità di questa analisi, che riprende i dati alla base della pubblicazione su “Gli immobili in Italia”, curata dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Dc Seomi, risiede soprattutto nella stima delle abitazioni effettivamente non utilizzate con disaggregazione per area geografica e nella descrizione degli utilizzi disaggregando i territori in base alla classificazione Istat delle aree interne.

Un terzo articolo di Guerrieri-Festa riguarda la stima del rendimento lordo (e netto) di un investimento in abitazione mediante un contratto di affitto ordinario di lungo periodo (4+4).

Seconda parte Quaderni dell’Osservatorio 2023: statistiche, intelligenza artificiale, servizi
La seconda parte dei Quaderni dell’Osservatorio 2023 accoglie commenti e riflessioni da parte di soggetti esterni alla Dc Seomi e all’Agenzia delle Entrate, da qualche tempo realizzati mediante interviste sui temi sempre del mercato immobiliare o anche di soggetti che operano nella Dc Seomi e nell’Agenzia, ma che forniscono contributi e analisi che non sono frutto di specifiche ricerche svolte nell’ambito della Dc Seomi. 

In questo numero, in particolare, sono pubblicate due interviste: una alla dottoressa Francesca Fantuzzi (Head of Research, Italy – JLL) a cura di Maurizio Festa sul tema delle “Statistiche sul mercato immobiliare” e l’altra al dottor Aldo Scalise (responsabile Area Servizi Catastali e Cartografici di Sogei) sul tema delle “Potenzialità dell’intelligenza artificiale per i servizi legati al mercato immobiliare” a cura Emanuele Franculli e Gerardo Nolè.

Conclude un contributo di Ghiraldo-Cesarano-Cipollini sull’utilizzo delle tecniche di trending topic e sentiment analysis applicate al mercato immobiliare. Il lavoro è una sintesi di una ricerca svolto nell'ambito del corso di “Diploma di esperto in Data Science” organizzato dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione.

2024 previsioni BONUS CASA E SUPERBONUS

BONUS CASA E SUPERBONUS 
Casa, superbonus addio: 
dal 2024 nuovi sussidi e prestiti agevolati


Non più soltanto agevolazioni fiscali. Dopo la chiusura del superbonus, in programma nella versione al 90% alla fine del 2023, gli incentivi per l’efficientamento energetico degli immobili passeranno, in molti casi, da strumenti diversi come sussidi e prestiti agevolati. 


Il nuovo fondo è questo il progetto che è alla base di un nuovo Fondo da poco meno di 1,4 miliardi, finanziato con risorse del Pnrr, che partirà alla fine del 2024 e che potrebbe avere tra i soggetti attuatori Cassa depositi e prestiti o la Banca europea per gli investimenti. 


L’idea dell’intervento, che compare nel piano di rimodulazione del Pnrr che ha già incassato il via libera della Commissione europea, è affiancare le detrazioni per la riqualificazione energetica che, nel 2024, saranno decisamente depotenziate: con un’agevolazione al 70% e senza cessione del credito, le famiglie a basso reddito incontreranno difficoltà a utilizzare gli sconti fiscali. 

La soglia per la maggior tutela Governo e maggioranza, già nei mesi scorsi, hanno avviato delle riflessioni per individuare una soglia al di sotto della quale i contribuenti vengono considerati meritevoli di una maggiore tutela: così, in diversi provvedimenti (e anche in una proposta di legge di riforma dei bonus, firmata Lega), è già comparsa una soglia di reddito familiare, calcolata in base a un quoziente, pari a 15mila euro. 

Al di là dei dettagli, che saranno fissati nei prossimi mesi, l’obiettivo sarà di supportare le ristrutturazioni delle famiglie a basso reddito, alleviando la cosiddetta “povertà energetica”. Centrali nell’utilizzo di queste risorse saranno le Esco (Energy saving company), società specializzate nella realizzazione di interventi di efficientamento energetico, destinatarie di contributi diretti e prestiti agevolati per alimentare le operazioni di ristrutturazione.


Gli interventi finanziabili Saranno finanziati interventi su due tipologie di immobili:

-   social housing (al quale saranno destinati due terzi del fondo) 

- case di proprietà di famiglie a basso reddito nei condomini (che prenderanno la parte rimanente).


Ovviamente, i lavori agevolati con questo nuovo strumento non potranno incassare altri sconti, come il superbonus e l’ecobonus. 

Nella riprogrammazione della spesa per il Pnrr c’è anche un target temporale per questo piano. 

Il Governo, infatti, punta a realizzare il nuovo sistema di finanziamento delle spese per la riqualificazione energetica entro il quarto trimestre del 2024, trasferendo materialmente i fondi al soggetto attuatore. Insomma, un obiettivo da mettere in campo fin da subito per poter centrare i target del nuovo Pnrr. 


Nuovo Superbonus 60% e 100% nel 2024? Cosa dice la proposta di legge

Nuovo Superbonus 60% e 100% in arrivo nel 2024? Non c’è nulla di certo. Quello che c’è è la proposta di legge 969 del 9 marzo 2023 che apre alla possibilità di un Superbonus depotenziato, ancora concentrato sul risparmio energetico ma con aliquote ridotte.

Il nuovo Superbonus sarebbe prorogato fino al 2035, aprendo di fatto a un percorso di riqualificazione energetica agevolata in grado di coprire una platea molto vasta. La proposta sembra un tentativo di gestire la nuova direttiva europea sulle case a risparmio energetico e favorire l’abbattimento dei consumi necessario per il nostro patrimonio edilizio.

La proposta è ancora al vaglio della Commissione Finanze, non c’è quindi niente di certo. Vediamo cosa contiene e come potrebbe funzionare questo nuovo incentivo per l’edilizia.


Cosa dice la proposta di legge nuovo Superbonus 60% 100% 2024

La proposta di legge 969 nuovo Superbonus contiene un incentivo dal 60 al 100% per i lavori di miglioramento energetico e antisismico con spese documentate a partire dal 1° gennaio 2024 fino al 31 dicembre 2035.

La data del 2024 è poco probabile dato che i tempi sarebbero stretti, non è comunque da escludere del tutto.

Il largo arco temporale che potrebbe coprire l’incentivo risponderebbe all’esigenza di programmare i lavori con cura e ai limiti di capienza delle aziende. L’idea che sembra trasparire è quella di un bonus a cui possano accedere più persone possibile per un intero decennio.


Quali interventi potrebbero rientrare nel nuovo Superbonus 60% 100%

Nel testo della proposta di legge si parla di:

  • interventi per la messa in sicurezza antisismica dell’edificio esistente,
  • interventi di efficientamento energetico su edifici esistenti, con l’obiettivo di portarlo almeno alla classe energetica E entro il 2035.

Gli interventi detraibili sarebbero quelli del vecchio Superbonus, con modalità apparentemente simili.


Superbonus 60% o 100% dal 2024? Come dovrebbe funzionare

Nel testo si parla di aliquota generalizzata del 60% sulle spese sostenute per un valore massimo di 100.000 €.

La detrazione dovrebbe essere ripartita in 10 quote annuali.

L’aliquota potrebbe essere aumentata al 100% se si rispettano tutti e 3 i requisiti che seguono:

  1. l’edificio è abitazione principale
  2. il reddito del beneficiario è inferiore ai 15000 €
  3. l’edificio è in classe energetica G e ha l’obbligo di arrivare almeno alla E entro il 2035.

Cosa potrebbe accadere agli altri bonus per l’edilizia?

Questo aspetto è tutto da definire. Per prima cosa va capito quale sarà il futuro di questo incentivo.

La proposta di legge potrebbe essere abbandonata o modificata con cambiamenti anche molto importanti.

Per il momento rimangono attivi i bonus che conosciamo ed è importante lavorare e progettare futuri interventi sulla base di quello che è certo e con la massima precauzione.

I bonus attualmente attivi sono:

  • bonus ristrutturazione 50% (scade il 31 dicembre 2024)
  • ecobonus 50% (scade il 31 dicembre 2024)
  • bonus barriere 75% (scade il 31 dicembre 2025).

Conclusioni

Il nuovo Superbonus potrebbe agevolare la riqualificazione energetica necessaria per il nostro paese. Restano da capire le modalità e se il progetto di legge andrà avanti.

L’idea è quella di incentivare il miglioramento della classe energetica e la messa in sicurezza antisismica con una detrazione importante.

Nei prossimi mesi le cose saranno più chiare e vedremo la possibile evoluzione di questa proposta.

Per il momento è importante restare ben saldi sugli incentivi in atto. Bonus importanti che consentono di migliorare il comfort, la sicurezza e il risparmio energetico che viviamo nella nostra abitazione.


Canone Concordato - NEWS

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Il contratto di locazione a canone concordato

di IMMOBILIARE BROKERHOUSE

L'AGENZIA IMMOBILIRE BROKERHOUSE È SPECIALIZZATA IN QUESTO TIPO DI CONTRATTO - 

SIA PER COMPILAZIONE, LA STIPULA e L'APPROVAZIONE DA PARTE DEL Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Nel contratto "a canone concordato" il corrispettivo è regolato in Accordi Territoriali stipulati tra le Organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini.

Come previsto dal comma 3 art. 2 della L.431/98 “le parti possono stipulare contratti di locazione, definendo il valore del canone, la durata del contratto, ed altre condizioni contrattuali sulla base di quanto stabilito in appositi accordi definiti in sede locale fra le Organizzazioni della proprietà edilizia e le Organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Al fine di promuovere i predetti accordi, i comuni, anche in forma associata, provvedono a convocare le predette Organizzazioni  

 I medesimi accordi sono depositati, a cura delle Organizzazioni firmatarie, presso ogni comune dell'area territoriale interessata”.

Il contratto di locazione a canone concordato permette di locare un immobile a uso abitativo per la durata minima di tre anni, prorogabile per altri due. Ma quali sono gli aspetti di questa tipologia contrattuale che destano maggiore interesse? Nel caso si decida di optare per questa formula, cosa è necessario sapere? Cosa, invece, è bene evitare?


Perché la locazione a canone concordato suscita interesse

“La locazione a canone concordato desta interesse principalmente per due ragioni: una riguarda la possibilità di ridurre la durata minima della locazione e l’altra le agevolazioni fiscali.

In merito alla durata, per il proprietario, il locatore, è interessante sapere di poter rientrare in possesso dell’unità abitativa in tempi più brevi rispetto alla norma. Anziché i classici 4+4, le locazioni a canone concordato offrono diverse tipologie con durate minime inferiori: 3+2 per le esigenze abitative ordinarie; i 31 giorni per i contratti transitori, che arrivano al massimo a 18 mesi; i contratti per studenti, che hanno una durata minima di 6 mesi + 6 mesi e una durata massima di 3 anni + 3 anni. Queste sono le tre tipologie di locazione a canone concordato che si possono stipulare in tutti i Comuni italiani (quelli per studenti si possono stipulare nei Comuni che ospitano le sedi di studio e in quelli confinanti) e che, nel caso in cui il Comune rientri tra quelli 'con carenze di disponibilità abitative', comportano particolari agevolazioni fiscali.

Per quanto riguarda le agevolazioni fiscali, se con il contratto a canone libero (4+4) la tassazione Irpef o Ires è piena e l’Imu non ha alcuna riduzione (optando per la cedolare secca, l’aliquota è al 21%), con il contratto a canone concordato nei Comuni sopra citati la tassazione ordinaria (Irpef o Ires), nonché l’imposta di registro, hanno una riduzione del 30% e l’Imu ha una riduzione del 25% (salve ulteriori riduzioni deliberate dal Comune). In più, optando per la cedolare secca l’aliquota è pari al 10%”.


In Italia dove è possibile stipulare contratti a canone concordato?

“Quelli per esigenze abitative ordinarie si possono stipulare in tutti i Comuni, ma nel nostro Paese le regole del canone concordato vigono a macchia di leopardo e non sono uniformi su tutto il territorio nazionale.

Non è il Comune che stabilisce le regole, bensì è una normativa nazionale,

predisposta dall’Autorità statale che ha le competenze sulle politiche abitative, ovvero il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che stabilisce le regole 'generali', mentre le regole specifiche per il singolo Comune si trovano nei singoli Accordi Territoriali, che però non sono stipulati dal Comune, ma sono stipulati tra le organizzazioni della proprietà edilizia, come la nostra, e le organizzazioni dell’inquilinato. C’è, dunque, un tavolo sul quale si contrappongono questi due interessi, che trovano una sintesi in quello che poi si chiama Accordo Territoriale, il quale viene depositato al Comune e alla Regione.

Il Comune a volte non entra in alcun modo nel confronto, perché non convoca le organizzazioni, che hanno la facoltà prevista dalla legge di autoconvocarsi; quando invece è il Comune a convocare le organizzazioni entra in modo 'concreto' nella contrattazione in linea di massima solo se attribuisce ulteriori agevolazioni, ad esempio sull’Imu, rispetto a quelle previste dalla normativa statale”.

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Quali sono le problematiche di questa tipologia contrattuale?

“Uno degli svantaggi sta nel fatto che nei contratti a canone concordato vige la compressione dell’autonomia negoziale delle parti.
Quindi, mentre nei canoni liberi il contratto si può personalizzare e adattare al singolo caso specifico inserendo qualsiasi tipo di clausola (che ovviamente non sia vietata dalla legge), nei contratti a canone concordato questo non è possibile, perché i testi sono stati studiati in sede di Convenzione nazionale, la quale contiene in allegato i testi contrattuali da utilizzare per le tre diverse tipologie, testi che sono stati recepiti dal Decreto Interministeriale del 16 gennaio 2017.
Nei contratti a canone concordato, quindi, i testi sono già predisposti. Non è possibile inserire nuovi obblighi, nuovi divieti, clausole risolutive espresse e così via. Si tratta di una struttura 'chiusa' al 90 per cento: come statuito dalla Cassazione, lo scostamento dai testi in allegato al Decreto può riguardare soltanto obbligazioni accessorie o aspetti marginali delle obbligazioni principali, in modo da non alterare l’assetto degli interessi quale precostituito nel contratto-tipo.

L’altro svantaggio, se così vogliamo chiamarlo, è il calcolo del canone, che deve essere compreso tra un minimo e un massimo entro una fascia di oscillazione da individuare secondo criteri riportati nei singoli accordi territoriali. Questo vuol dire che nei Comuni dove l’accordo territoriale è stato fatto bene e i canoni sono appetibili, l’interesse per questa tipologia di contratto è elevata; dove invece i canoni non risultano convenienti, l’interesse per questa tipologia di contratto è minima.

A tal proposito, possiamo affermare che i due Accordi Territoriali vigenti contemporaneamente a Roma sono stati fatti con criteri di calcolo dei canoni adatti, che li rendono comunque appetibili, di conseguenza abbiamo avuto moltissimi immobili messi sul mercato in locazione a canone concordato, con vantaggi di gettito per l’Erario; in altri Comuni, come ad esempio a Milano, i proprietari non ritengono conveniente locare a canone concordato per via di canoni esageratamente bassi. E’ importante trovare un giusto equilibrio tra il funzionamento dell’accordo territoriale e le tutele legate al canone, che deve essere comunque più basso del canone libero”.

Quali sono invece i vantaggi?

“Sostanzialmente, quando si parla dei vantaggi, si fa riferimento alle agevolazioni fiscali e alla durata minima del contratto. Ma, come abbiamo detto, il vantaggio dipende anche dal fatto se nel territorio vige un accordo territoriale conveniente o meno per chi ha la disponibilità degli immobili e li vuole mettere in locazione.

Non bisogna dimenticare poi che anche per il conduttore ci sono delle agevolazioni fiscali. 

Ad esempio, i conduttori di contratti a canone concordato che destinano l’alloggio ad abitazione principale hanno diritto a una detrazione Irpef pari a 495,80 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro, e a una detrazione Irpef pari a 247,90 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro ma non superiore a 30.987,41 euro. Stipulando un canone libero anziché un canone concordato, la prima detrazione scende a 300 euro e la seconda a 150 euro”.


Quali sono le modalità di accordo tra proprietari e inquilini?

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“Per stipulare un canone concordato si possono utilizzare due diverse modalità. La prima – più rara – si chiama 'contratto assistito' e prevede che venga materialmente redatto dall’organizzazione del locatore e da quella del conduttore e sottoscritto anche dalle suddette organizzazioni sindacali. Questo contratto dal punto di vista normativo nasce già 'perfetto' e quindi necessita di avere solo una 'scheda calcolo canone' che viene rilasciata dalle organizzazioni e costituisce parte integrante del contratto.

Il contratto che si usa nella pratica quotidiana si chiama invece 'contratto non assistito', il che non vuol dire che non possa esserci consulenza da parte dell'organizzazione sindacale, ma non è tecnicamente un’assistenza alla stipula. In questo caso, il contratto viene stipulato dalle parti, locatore e conduttore; le organizzazioni, salvo nel caso rarissimo in cui l’accordo territoriale lo preveda, non mettono timbri o firme sul contratto, perché non è stato redatto dalle organizzazioni, ma dalle parti.

Nella pratica, nel caso del 'contratto non assistito', la parte che ha più interesse – in linea di massima il locatore - si deve rivolgere all’organizzazione a cui aderisce (dovrebbe rivolgersi ad una delle organizzazioni sindacali della proprietà edilizia, che a livello nazionale sono otto) e richiedere l’attestazione di rispondenza, che è obbligatoria.

A quel punto l’organizzazione esamina il contratto dal punto di vista normativo e dal punto di vista economico. L’attestazione, infatti, è un documento che attesta la rispondenza all’accordo territoriale sia della parte normativa sia di quella economica del contratto. Questa attestazione attribuisce le agevolazioni fiscali e nell’emetterla le organizzazioni si assumono anche una responsabilità erariale. Una volta ottenuta l’attestazione, il contratto si può registrare”.

Quale consiglio può dare a chi vuole optare per una locazione a canone concordato?

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“Il consiglio a un proprietario immobiliare che si accinge a locare a canone concordato è quello di approcciarsi a una delle organizzazioni della proprietà edilizia e chiedere istruzioni prima di fare qualunque altra cosa. 

L’organizzazione fornirà i testi di contratto da utilizzare, spiegherà cosa bisogna evitare e cosa invece si può fare, rilascerà un pre-calcolo del canone ammissibile, in modo tale da stipulare un contratto con un canone corretto e che dunque possa essere attestato”.

Cosa è necessario sapere prima di stipulare un contratto di locazione a canone concordato?

“Il proprietario deve innanzitutto decidere quale accordo territoriale utilizzare, se nel proprio Comune ne vigono più di uno in contemporanea, come ad esempio a Roma e a Bergamo. In questi casi, valuterà quello che si adatta meglio alle caratteristiche oggettive del proprio immobile, che devono essere dichiarate all’organizzazione sotto la sua responsabilità, come previsto dal decreto interministeriale. Una volta deciso quale accordo utilizzare, il proprietario deve rivolgersi ad una tra le organizzazioni che hanno stipulato quell’accordo.

L’organizzazione a quel punto fornisce le istruzioni e la modulistica necessaria, il testo di contratto da utilizzare, che deve essere personalizzato inserendo i dati anagrafici, i dati dell’immobile, qualche clausola aggiuntiva ove congrua, eventuali garanzie o fideiussioni di terzi, se ne esistono. Qualche piccola modifica, come anzi detto, può essere operata, ma il contratto non deve essere stravolto, altrimenti perde la rispondenza normativa e non può essere attestato. Della registrazione se ne può occupare l’organizzazione oppure direttamente il locatore. Quello che è obbligatorio per il locatore richiedere all’organizzazione è l’attestazione”.

C’è un aspetto al quale bisogna prestare particolare attenzione?

“La massima attenzione deve essere prestata ai contratti transitori, dal momento che non è assolutamente vero che il contratto è 'transitorio' perché così hanno deciso le parti.

Per poter locare con un contratto transitorio, che quindi dura al massimo diciotto mesi e quando cessa non può essere rinnovato, è necessario che ci sia un’esigenza di transitorietà tra quelle indicate nell’accordo territoriale, che ci sia documentazione giustificativa di queste esigenze, che deve obbligatoriamente essere allegata al contratto, oltre al fatto che l’esigenza deve essere indicata nel contratto stesso.

Quindi, laddove l’esigenza sia verificata e documentata il contratto transitorio si può stipulare, altrimenti non si può stipulare o comunque, nel caso l’esigenza ci sia, ma non sia facilmente documentabile, bisogna ricorrere ad assistenza bilaterale, quindi in linea di massima ad un contratto assistito. Ma, soprattutto, il decreto prevede una sanzione importante per chi stipula un contratto transitorio senza rispettare le regole, ossia una conversione in un abitativo 4+4 a canone libero, con la perdita delle agevolazioni fiscali, la durata che diventa di otto anni, il possibile svincolo da parte del garante/fideiussore.

Non solo: il locatore potrebbe addirittura essere condannato alla rifusione al conduttore dell’importo di canone percepito in più, perché il contratto transitorio, nel calcolo del canone, può avere degli incrementi che vanno anche fino al 20%. Quindi, laddove il contratto sia stato stipulato in modo non corretto, il locatore viene condannato a restituire l’indebito percepito. Si tratta di un contratto particolare al quale purtroppo le persone si approcciano con spaventosa leggerezza”.

Cosa, infine, non si dovrebbe fare?

“So di affermare qualcosa di non 'politically correct', ma una delle prime cose che mi vengono in mente è quella che se si vuole locare a canone concordato non ci si dovrebbe rivolgere ad un Caf per la stipula e l’attestazione. Ovviamente va bene per la successiva registrazione.

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Il locatore pensa, generalmente, che sia il Caf che emette l’attestazione. Le attestazioni, al contrario, sono emesse dalle organizzazioni della proprietà edilizia o dell’inquilinato che hanno stipulato l’accordo territoriale. A sua volta, quindi, il Caf deve passare l’intera pratica a una delle organizzazioni che può emettere l’attestazione, con un’interposizione che a volte può creare problemi. Questo perché è chiaro che un Caf che segue moltissime tipologie di pratiche differenti può non accorgersi che, a mero titolo di esempio, la clausola della garanzia non ha riportato l’importo massimo garantito e quindi è nulla, oppure che è stata introdotta una clausola risolutiva espressa e così via.

Per di più, ci sono casi in cui il Caf, il cui cliente è il proprietario immobiliare, passa la pratica ad un'organizzazione sindacale dell’inquilinato, il che, anche se non rende invalida l’attestazione, certamente potrebbe dare un diverso taglio alla tutela del locatore e in ogni caso quest’ultimo andrebbe previamente informato di questa particolarità”.

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